Anarchia

Una nota è porta all’attenzione del re, nel frangente determinato egli non consente udienze.

Per quanto il diesis sia alterato affatto ha l’aria dell’inaudito.

Il re abdica e il reale è inimmaginabile.

Muse e sirene, lettura e voce interiore

Con “Ossia la poesia” le muse di Adamo sono vanagloriose, elaborano con la manipolazione il promemoria, nel ricordo della madre le nove sorelle dilungano la mnemotecnica nel verso della poiesi. Adamo, come glossatore non posso tributargli il titolo di poeta egli ne sarebbe oltraggiato come lo è un misosofo dal reale, il reale che a detta del nostro è per i filosofi con il permesso di soggiorno, l’opposto dell’episteme e la cosa prosopoagnosica della virtualità. Nelle parentesi che arcuano le virgolette non posso non mettere al corrente il lettore prefatto circa una conversazione da tavola sparecchiata, il nostro di per sé e non altero, curioso, ascoltando la risonanza del virtuale in antinomia con il reale riprese gli avventori o, per dirla a suo modo gli inventori, con l’invito alla lettura di Henry Bergson e, nello specifico, “Materia e Memoria”, in poche parole, la prefazione non dà adito a consultazioni né a compulsioni, il virtuale non si oppone al reale, è non ancora attuale. Adamo in compagnia delle muse traversa il promemoria modificato come un incidente della memoria a breve termine, la cicatrice è frizionata dalle massoterapiste, le sirene. […] Con “Ossia la poesia” il lettore congiunge l’essere alla poiesi, la voce interiore che rimbalza sulla parete interna dell’auricolare dà alla testa, il corpo barcolla, giacché la vertigine è sintomatica il lettore si porta le mani, le palme alle orecchie, il padiglione è turato e il labirinto richiama la verità.

[…] La versione definitiva della poesia si congiunge con la definizione dell’essere il che è un’infezione dell’udito, una labirintite a cui il lettore deve essere pronto.

Silvestro Stravochege

http://www.ebay.it/itm/Adamo-di-Compagnia-Ossia-la-poesia-dattiloscritto-/300929071267?pt=Collezionismo_Cartaceo&hash=item4610c538a3

I realia

La pluralità delle cose assume il significato della realtà singolare, la cosa reale. Il generale depone la realtà della cosa con le regole d’agio, nella nomenclatura dell’oggetto ignoto la cosa depone il reale con la rivoluzione dell’arma. L’oggetto ignoto è un oggetto contundente, la forma della cosa è  danneggiata dagli urti, dalle collisioni, dagli impatti e dalla carambole. La duttilità della cosa è un editto del reale che revoca i privilegi dell’oggetto. Il disastro di una cosa singolare e inusitata è evitato con la rivoluzione della cosa sistemata, il dissenso dell’oggetto contundente rimette la cosa al ripristino della consegna. La cosa con la nomenclatura dell’oggetto ignoto difende la maestà del genere e offende il reale, la cosa maiestatica soddisfa le urgenze della doxa irriferibile. Con i realia, le cose neutralizzano l’archia del genere e del dato, la gerarchia armata. Alla disamina della cosa il saggiato è disarmato, tanto il genere quanto il reale sono controversi, il saggio si attiene all’incontrovertibile, la cosa ripristinata è segnata dalle contusioni oggettuali, l’oggetto ignoto è un’arma a doppia devoluzione, generalmente ordinata e realmente dispersa. La cosa singolare è inequivocabile, i realia le assegnano non una forma sistemata, sui generis, né una nomenclatura devoluta, l’aristia; è in parola con il reale paragogico. L’autodidattica del discente è una fantasia del tecnoletto, la pedagogia del maestro è la fantasmagoria dell’idioletto, un trucco smagato, una lanterna fulminata.