Favola della buona notte

Ci sarà una volta per tutte un IO. Questo soggetto in soggezione non possederà il dono della parola e l’unico suono che le sue labbra, con una smorfia, potranno immettere nell’etere subacqueo sarà un intercalare : OI. Un giorno, compassato nel giardino del disconoscimento, troverà tra alberi sradicati, erbacce abbarbicate ai fianchi di un lago al di sopra del livello terracqueo e fiori dall’ammuffita bellezza ricercati dai collezionisti di un’estetica sinestetica, una risma di fogli bianchi. Ombra di un trapasso di danza sublunare, iperbole di un volto pietrificato, il pallore di una pantomima estremamente congestionata. La sua sorpresa sarà ineffabile, lo stupore immarcescibile, lo scibile perpetuo, l’imperituro assoluto ignifugo e la meraviglia incondizionata. Come un mentore del sottosuolo chinerà il proprio corpo e raccoglierà il mirabile giaciglio del segreto. Un volto stregato sarà l’espressione di un disagio dalle tinte gioiose. Avvolto da stringhe imbalsamanti l’emozione controcorrente, sfacciata … un volto voltato, un voltafaccia rivoltato e rinfacciato, e una disfatta cicatrice quasi a rigenerare una natura sfregiata. Le sue mani, sporche di terriccio e di omeopatico fango, nel raccattare le verginee pagine sveleranno l’arcano della scrittura. Da quel giorno, aggiornato, consegnerà la testimonianza della propria vita emofiliaca, scoprirà che si potrà scrivere solo con il sangue, agli avi di un tempo controcorrente, ai posteri attempati. Il caos desidererà la decomposizione del suo solipsismo. Ci sarà l’avvento di una serie di risposte riposte nelle pieghe di un’irrealtà. Il verbo di una persona. L’avverbio in incognito, assecondato e noto agli sformati verbali dell’ignoto. La declinazione di un’anamorfosi disinformata. I messaggi scritturati come comparsa di una massaggiatrice. L’agio di un pronome espulso dalla massa : TU. Tu sarà pudicamente dipinta di un incerto rossore, l’arcobaleno di una speranza circonfusa nel mondo disperato del personale umbratile. Alzerà lo sguardo e con un riguardo fascinoso riconoscerà il primo pronome, il nome della vita. Io, che dire, da sempre avrà coniugato i verbi afoni dell’attesa. Io e tu diverranno amanti. Un corpo intorpidito e un corpo massaggiante. TU e IO, la volontà allenata alla palestra degli esercizi stilistici e l’involontario spasmo di una parola, la prima e l’ultima. Quale riconoscenza alla scrittura deittica ! Da io e tu genererà EGLI : il terzo escluso …

Mozzafiato

Lettrice dal fiato sospeso, innanzitutto una carezza. Ho incontrato e baciato una dama dalle scollacciate vesti. Con un pudico contatto ha sfiorato il mio sedere. Un risvolto del comune senso del pudore. Ha giocherellato con le proprie dita prima con le sue labbra, poi ha sfiorato, sempre con i polpastrelli e con un tatto sensuale, le mie labbra. Quasi una licenza incorporea. Le nostre salive, ai margini di una vetta del desiderio, hanno effettuato il culmine dell’emozione. Il segreto dell’oralità si è svelato. Con torpore e languore il nervo vago ha ritrovato ospitalità. I nostri volti si son avvicinati nel divenire dell’amor cortese. Le nostre labbra si son quasi congiunte sulla soglia del respiro. Io con la spossatezza dell’incontro mozzafiato. Lei con l’inquietudine del fiatone. Sono letteralmente senza parole, lei, ancora ora, logorroica. Si è presentata, il suo nome è : Raucedine.