Cornucopia

Un corno nega tutte le semplificazioni, se il caso non è problematico non sorprende neppure la considerazione che le sfere abbiano un colorito diverso dal ciano.

Un corno tiene il punto sull’esito, non vale introdurre un naso che è una sottile aquila con gli strafalcioni, dato un errore l’imbeccato se ne esce alla carlona.

Un corno non capisce perché non sia più sulla bocca di tutti, evidentemente il tappabuchi impudico deve aver corrotto i registri.

Un corno alterna il dilemma con… un’istantanea, una peste ha occultato il cornetto acustico cosicché non importa quel che diffama.

Un bell’impiccio – non negare niente

Un naso sgobbone tira su il moccioso, con il fazzoletto tempo non più acclimatato al semaforo tenta di assorbire le abrasioni. Disilluso, pulisce il sudiciume trasferitosi dal manto fin troppo instradato. Poi chiede se l’accaduto sia un fatto. No! Poi domanda cosa sia successo. Niente! Com’è possibile che succeda niente! Se cappello e contraccolpo coincidono, se la premessa è niente allora l’impostazione di successione è annientata. Niente succede. Niente succede al niente.

Il libraio che non disputa con la categoria di genere

Nottetempo il viadotto è stato ridestato di botto. Il viadotto non è disturbato dalla parasonnia. Corso alla finestra sul mondo ha percepito i danni alle autonomie e un pessimismo, un tutto nero, abbozzato dalla saracinesca. Con giudizio ha informato le forze dell’ordine che con il senno di poi sono giunte sul dotto scortate dalla voce delle sirene. Dai primi disincanti emerge che il misosofo abbia refutato il preventivo assicurativo del sistema.

Il cimento

Un saggio fa il prezioso. Redige le epistole a iosa senza ricorrere alla formula che si fa pregio di comunicare. A bella posta approssima il turno del numero razionale, consegna la corrispondenza al non importa lettere che segnatamente non può inscrivere il modulo in sua vece. Un saggio lascia a desiderare con la stampa che simula la scrittura.

L’idea di ritorno

Il commesso del misosofo si dirige verso il contatore della luce che non si trova con la chiarezza, la nitidezza e l’evidenza della verità allorché il signor Op fa capolino all’introduzione. Come convenuto, ha con sé la scontata promozione e chiede che le sia palesata l’idea sottratta con falsità. Il commesso chiede di manifestare in principio la centellinata frazione. Il signor Op non lo asseconda e dimezza come un principiante.

Il bernoccolo

In una famiglia senza gli assunti domestici, retribuiti questi ultimi dalla candida concezione eterosessuale, la convivente bacia la questione di principio. Tra un capo e un’intimità da rovesciare nell’oblò, scommette ad arte. Tra un programma delicato e uno che comporta una strizza che non si può dire, pende a dama. Se la convivente continuerà ad andare a pallino problematicamente raggiungerà la propensione.

Il salone internazionale del libro

L’autografo non si è dedicato abbastanza ad avvertire con un biglietto la propria introduzione, a dirla con parzialità ha ritenuto l’esigenza di un’acquisizione in loco. Non saranno i lettori a domandargli cosa abbia fatto alle mani, ingessate senza esercitare la tutela. Sarà l’addetto stampa ad additare l’incidente sul lavoro e a distribuire i segnalibri come controfigure.

Lo schiaffo del degrado

A posteriori, il dato giustappone la comprensione alla tempora sulla scorta di una paralessia, rivolge l’impalmata cognizione verso le esperienze là dove queste lo colpiscono con una ripercussione. Se il dato indovina l’esperienza da cui scaturisce la percossa, ne prende il posto.

Il dato colpisce nel segno l’esperienza senza che essa lo indovini.

Il postulato indefinibile

In una conversazione, gli interlocutori mentovano l’indiscrezione della tizia, senza farne il nome. In un sistema, l’obiettivo impetra lo scopo di trasferire la cosa e prende il custodia la cosa di cui ignorava l’immagine. In un tema in cui né il soggetto tantomeno l’oggetto credono nell’influenza degli astri, tizia ha le sue cose.